A cura dell’Avv. Alessandro Savoca
Con l’ordinanza n. 13518 del 20 maggio 2025, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione affronta in profondità il tema della risarcibilità dei danni da inadempimento contrattuale, con specifico riferimento alla negata portabilità del numero telefonico. La pronuncia si distingue per l’adozione di una prospettiva coerente con le fonti euro-unitarie, in particolare la direttiva 2002/22/CE, nonché con il regolamento AGCOM n. 73/11/CONS, elevato a parametro rilevante anche in sede giurisdizionale.
Tale orientamento si pone in significativa discontinuità rispetto alle note sentenze di San Martino del 2008, che avevano codificato un sistema chiuso di risarcibilità del danno non patrimoniale, subordinandolo alla lesione di diritti inviolabili della persona.
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1. Il fatto: la mancata portabilità di un numero storico
Nel caso di specie, una consumatrice aveva convenuto in giudizio un operatore telefonico per ottenere la risoluzione di un contratto di servizi integrati (Homepack) e il risarcimento del danno derivante dalla disattivazione della linea e dal mancato trasferimento del numero utilizzato da oltre trent’anni. Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, riconoscendo la responsabilità dell’operatore. La Corte d’Appello, pur confermando la risoluzione, negava il risarcimento per presunta carenza probatoria.
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2. Il ruolo delle fonti euro-unitarie: da norme di settore a parametro risarcitorio
Nel ribaltare la decisione, la Corte di Cassazione afferma che:
> “La delibera AGCOM n. 73/11/CONS non si limita ad avere una funzione deflattiva in sede stragiudiziale, ma costituisce parametro normativo vincolante anche in sede giudiziale, ai sensi dell’art. 84 del D.lgs. n. 259/2003.”
E ancora:
> “Il diritto dell’utente-consumatore a mantenere il proprio numero è garantito espressamente dall’art. 30, comma 2, della Direttiva 2002/22/CE.”
La Cassazione valorizza dunque la portabilità del numero come diritto sostanziale, non riducibile a una mera prestazione accessoria, ma come oggetto essenziale della prestazione contrattuale, in quanto tale tutelato anche a livello sovranazionale.
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3. La centralità dell’interesse non patrimoniale
Ciò che rende paradigmatica questa ordinanza è la rivalutazione dell’interesse non patrimoniale nel rapporto obbligatorio, operata superando la rigidità delle San Martino. Infatti, la Corte richiama l’art. 1174 c.c., secondo cui:
> “La prestazione deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.”
Ne consegue che il danno da inadempimento può includere la lesione dell’interesse relazionale, identitario o organizzativo (es. utilizzo del numero da parte di personale sanitario), e che tale danno, pur non misurabile in senso stretto, è risarcibile anche in via equitativa, purché fondato su circostanze concrete e presumibili.
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4. La cesura rispetto alle “San Martino”
Le Sezioni Unite del 2008, con le cd. sentenze di San Martino (Cass. S.U. nn. 26972–26975/2008), avevano limitato la risarcibilità del danno non patrimoniale ai soli casi di lesione di diritti inviolabili della persona, riconosciuti dalla Costituzione o da fonti sovranazionali vincolanti.
Tuttavia, la pronuncia in commento si discosta da tale schema per almeno tre motivi:
Riconosce rilievo autonomo all’interesse non patrimoniale contrattuale, senza subordinare il risarcimento alla lesione di un diritto inviolabile;
Integra nel ragionamento la normativa euro-unitaria, la quale garantisce diritti “funzionali” di tipo economico-sociale, non sempre ricondotti al paradigma della dignità costituzionale;
Ammette la valutazione equitativa anche in assenza di prova specifica, qualora il danno sia difficilmente quantificabile, purché la lesione emerga da un quadro probatorio fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.
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5. Verso un nuovo equilibrio: equità e diritto europeo
La Cassazione richiama la giurisprudenza più recente, anche delle Sezioni Unite (es. ord. n. 5992/2025), ribadendo che:
> “Il danno non patrimoniale si articola nella duplice dimensione del danno relazionale e del danno morale, e la sua prova può avvenire anche per presunzioni.”
L’equità non è più un ripiego, bensì una tecnica valutativa che mira a ristorare integralmente il pregiudizio, secondo una misura “socialmente adeguata”, tenuto conto del contesto concreto e delle esigenze di uniformità nazionale (Cass. n. 12408/2011).
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6. Conclusioni: una svolta giurisprudenziale dal respiro europeo
L’ordinanza n. 13518/2025 segna un punto di svolta: da un lato rafforza la tutela del consumatore e la funzione delle fonti euro-unitarie nella disciplina contrattuale; dall’altro lato, rimette in discussione la rigidità delle San Martino, proponendo una visione più flessibile e aderente alla realtà delle relazioni obbligatorie.
In definitiva, si tratta di una pronuncia che “europeizza” il diritto civile, promuovendo un’interpretazione coerente con i principi di effettività, adeguatezza e proporzionalità, capace di cogliere l’evoluzione del danno nel contesto dei servizi regolati e dell’economia digitale.
E’ iscritto all’Ordine degli Avvocati di Palermo dal 2010, E.D.S. Robert Schuman 2011 Strasbourg Alumni
Le Sue aree di competenza sono il Diritto Internazionale Eurounitario, le Fonti dell’Unione Europea, La Convenzione Europea Dei Diritti Dell’Uomo (CEDU) nel Diritto Civile dei Contratti, Tutela della Proprietà, Diritto D’Autore, Diritto alla Riservatezza ed all’Oblio, Mediazione ed Arbitrato, Accesso alle Corti Europee, Diritto dei Media e dell’Informazione, Diritto ad un Equo Processo in un termine ragionevole, Case Law della Unione Europea.
Conciliatore Societario, Mediatore Civile e Commeciale dal 2010, Formatore in materia Internazionale presso il Ministero della Giustizia; Già Delegato Regionale del Tribunale Arbitrale Giudiziario Europeo nel 2013.