A cura di Avv. Alessandro Savoca
Con la pronuncia n. 68/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge n. 40/2004 nella parte in cui non consente il riconoscimento dello status di figlio anche della madre intenzionale, qualora entrambe le donne abbiano condiviso il progetto genitoriale attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) praticate legittimamente all’estero. La decisione accoglie il monito già espresso nella sentenza n. 32/2021, riconoscendo che “non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa” (sent. n. 68/2025, § 1.3).
I fondamenti costituzionali e convenzionali
La Corte ha ritenuto violati:
l’art. 2 Cost., per la lesione dell’identità personale del minore;
l’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di trattamento tra figli di coppie omosessuali e eterosessuali;
l’art. 30 Cost., per la negazione dei diritti genitoriali e della bigenitorialità effettiva.
Sono inoltre richiamati, quali parametri interposti dell’art. 117, co. 1, Cost.:
gli artt. 8 e 14 CEDU, che tutelano la vita familiare e vietano discriminazioni (Corte EDU, X e altri c. Austria, 19 febbraio 2013; Taddeucci e McCall c. Italia, 30 giugno 2016);
l’art. 24, § 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (“ogni bambino ha diritto a intrattenere relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori”);
gli artt. 7 e 8 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, che impongono il diritto del minore a preservare nome, identità e relazioni familiari;
gli artt. 1 e 6 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (Strasburgo, 1996), che impongono decisioni giurisdizionali orientate al superiore interesse del minore.
Dal consenso alla responsabilità genitoriale
La Corte ribadisce che la responsabilità genitoriale scaturisce dalla volontà procreativa: “volontà che porta alla nascita una persona che altrimenti non sarebbe nata” (sent. n. 127/2020). Già con la sentenza n. 230/2020 si affermava che “il consenso prestato alla PMA costituisce titolo per l’assunzione di responsabilità”, concetto qui pienamente recepito: “il riconoscimento dello status di figlio può prescindere dal contributo biologico e fondarsi sul consenso informato e condiviso” (§ 6).
Insufficienza strutturale dell’adozione in casi particolari
Viene giudicata inidonea la disciplina dell’art. 44, co. 1, lett. d), l. 184/1983, anche alla luce della sentenza n. 79/2022 e della Cass., Sez. Un., n. 38162/2022, perché subordinata all’iniziativa volontaria della madre intenzionale e caratterizzata da tempi lunghi, incertezza e revocabilità (v. anche Cass. civ., sez. I, ord. 29 agosto 2023, n. 25436). Il figlio non può dipendere dalla permanenza del consenso di chi ha già condiviso il progetto genitoriale e la decisione procreativa.
L’unicità dello status di figlio
Nel solco della riforma della filiazione (l. n. 219/2012 e d.lgs. n. 154/2013), la Corte richiama il principio per cui “tutti i figli hanno lo stesso status giuridico” (art. 315 c.c.) e ribadisce che ogni preclusione automatica al riconoscimento – come nel caso di figli nati da incesto, v. sent. n. 494/2002 – è contraria al principio di eguaglianza e all’interesse del minore.
Nessun controinteresse legittimo
Il bilanciamento tra interessi costituzionali viene negato in radice: “non si pone un problema di bilanciamento […] non è ravvisabile alcun controinteresse di peso” (§ 12). È anzi espressamente esclusa ogni assimilazione con la gestazione per altri, che invece pone “un tema di ordine pubblico e dignità della donna” (Cass. n. 38162/2022; Corte cost., n. 272/2017; n. 33/2021).
Conclusioni: il diritto a nascere figlio
Questa decisione, strutturata con rigore e profondità, rafforza la centralità costituzionale dell’interesse del minore, inteso come diritto a un’identità relazionale riconosciuta. È un riconoscimento al tempo stesso giuridico, simbolico e affettivo: il figlio è di chi ha scelto di esserlo, e questa volontà ha forza costitutiva.
In un sistema in cui la legge tace e le prassi divergono, è ancora una volta la Corte a tracciare la rotta, affermando che il diritto del minore a nascere figlio – anche della madre intenzionale – non è una concessione, ma un diritto fondamentale.
E’ iscritto all’Ordine degli Avvocati di Palermo dal 2010, E.D.S. Robert Schuman 2011 Strasbourg Alumni
Le Sue aree di competenza sono il Diritto Internazionale Eurounitario, le Fonti dell’Unione Europea, La Convenzione Europea Dei Diritti Dell’Uomo (CEDU) nel Diritto Civile dei Contratti, Tutela della Proprietà, Diritto D’Autore, Diritto alla Riservatezza ed all’Oblio, Mediazione ed Arbitrato, Accesso alle Corti Europee, Diritto dei Media e dell’Informazione, Diritto ad un Equo Processo in un termine ragionevole, Case Law della Unione Europea.
Conciliatore Societario, Mediatore Civile e Commeciale dal 2010, Formatore in materia Internazionale presso il Ministero della Giustizia; Già Delegato Regionale del Tribunale Arbitrale Giudiziario Europeo nel 2013.